di Florinda Ipocoana
Devo assolutamente esordire decantando la bellezza di Castelbuono, paesino arroccato sui Nebrodi che da 12anni accoglie l’YpsiegRock, un festival di musica di ottima qualità che viene consacrato dalla critica come uno dei migliori sette festival musicali italiani e dei migliori cinquanta in Europa. Ringrazio quella gente così gioviale e cortese…
Il palco dedicato agli artisti, sistemato nella suggestiva piazza principale del paese, con al fianco l’incantevole Castello dei Ventimiglia, del XIII secolo, ha ospitato nomi quali Blonde Redhead, Patrick Wolf, Cesare Basile, El Guapo e tanti altri. Anche quest’anno nomi importanti hanno toccato terra siciliana ed i cuori di tutti noi: Art Brut, Apparat, Paolo Benvegnù e dEUS.
A proposito dei musicisti presenti quest’anno, mi piace ricordare quando, dopo aver chiesto ad un organizzatore un passaggio dal campeggio (località S.Focà, distantissimo dal centro) al paese la sera del sabato, all’affermazione di Gino della presenza di Benvegnù, l’ho costretto ad una brusca frenata, per avergli urlato all’orecchio: “Paolo Benvegnùùùùùùùù???!!!” Così infatti ho saputo della sua partecipazione.
In effetti l’adesione di questo “mostro” della musica italiana indipendente è stata aggiunta all’ultimo momento.
Ma procediamo per ordine: dicevamo della serata di sabato. Suona Apparat, pseudonimo di Sasha Ring, one man band berlinese, creatore di musica elettronica dal gusto spiccatamente alemanno, computer e Korg alla mano e cappello a falde larghe. Ha infuocato i giovani presenti, ed erano tanti, regalando addirittura due rientri. Il pubblico del sabato, mi dicevano, era quasi raddoppiato, rispetto ai circa 400 del venerdì, giorno in cui io mancavo, durante la quale notte si sono esibiti gli Art Brut, che dicono abbiano parecchio divertito la platea col loro scanzonato punk-rock, tanto originale ed insolito. Apparat era accompagnato da un eccezionale Vj, che è riuscito a catalizzare i miei occhi sulle sue inquietanti installazioni video dal sapore altrettanto germanico.
Personalmente, ho avvertito un certo stridore la prima sera. Quelle bianche mura che mi circondavano venivano intrise di musica verde acido. E’ innegabile la maestria di Apparat nell’unire musica elettronica a techno, R&B e persino a spruzzate di classica. Ma non voglio permettermi di definirlo, perché del genere l’unico nome che meglio conosco sono i Chemical Brothers, e sono ben diversi.
Io non ero a Castelbuono per lui, ed ho lasciato scorrere le ore del concerto con estrema scioltezza…
L’indomani, in campeggio, respirando l’aria della pineta, mi sentivo giovane ed arzilla come la maggior parte dell’utenza del camping. Ma decido, abbastanza in fretta, di abbandonare quell’atmosfera più hippie che rock con una forte speranza nel cuore. Arrivo in paese per pranzare, nonostante fossero già le 15, e vado dritta, col batticuore, al bar della piazza e….. Non mi sbagliavo! Sul palco è in fermento il sound check!
I tecnici ronzano affannosamente, chi sale, chi scende, prova luci, accordatura strumenti… Che momento elettrizzante! I preparativi dell’evento, il prima della prima…
Benvegnù alla mia destra, pantaloncini e maglietta sgualciti e pallidi, fuma distrattamente, con gli occhi sommersi in chissà quali pensieri. Sembra quasi non essere lì…
I dEUS alla mia sinistra, chiacchierano a voce alta col loro idioma incomprensibile e vanno di vino bianco che è un vero piacere! Il sole nebrodino, sopra di noi, fa sudare tutti equamente, i tecnici, i macchinisti, gli artisti, me ed i 4gatti intorno…
Salgono finalmente i belgi, occhialuti e spudoratamente brilli e …. cantano! Intendo che, alle volte, durante le prove generali alcune bands saggiano qualche strofa, alcuni riff; Loro cantano! E cantano Suds and soda, The Architect (due volte!) e Slow… Sono un po’ distratti, sembrano sereni del fatto che comunque sarà un bel live. Scendono dal palco sorridendosi l’un l’altro e “battendo il cinque” vicendevolmente; tornano al bar, alla mia sinistra e riprendono a bere vino bianco…
E’ ora la volta della band di Benvegnù, con lui a capo, vistosamente emozionato, tanto, tanto, tanto entusiasmato. Il loro test sarà più strumentale che vocale e Lui
canterellerà solo una strofa di alcuni dei brani, non di più. I suoi strumentisti si riveleranno, durante il live, come artisti dalla bravura e dalla sensibilità straordinarie. Affiatati e divertiti, provano e riprovano fino al tramonto…
Rimango estasiata ad aspettare l’imbrunire in loro compagnia, felice di aver assistito alla parte del festival a mio avviso più importante ed emozionante.
Il concerto d’apertura di Paolo Benvegnù, si svelerà in tutto il suo incanto come il frangente in assoluto più magico della mia tappa al festival…
I nostri sono evidentemente sbattuti ed il Nostro indossa un abito nero decisamente stropicciato, non più però della cravatta giallo oro sulla camicia, anch’essa nera, con un angolo all’insù. Sono tutti elegantissimi, ma i loro abiti vivono da settimane in valigia, in tournee…
Tranne “Suggestionabili” e “Cerchi Nell’Acqua”, suonerà brani dell’ultimo gioiello che è LE LABBRA, di seguito, senza sosta: “La Schiena”, “Amore Santo e Blasfemo”, “La Peste”, “Il Nemico”, “L’ultimo Assalto”. Paolo urla sul palco per dare la carica alla band, sbatte forte nell’aria la chitarra, se necessario, ma quando enuncia a gran voce la sua poesia, percepivo con tutta me stessa la sua intensità, rispondendo con brividi lungo la schiena e pelle d’oca sulle braccia…
Il pubblico ha risposto benissimo! Credo fossimo circa 2000 teste in quella piazza, colma della carezzevole voce di uno degli artisti più sensibili del panorama musicale italiano indipendente. Nei primo anni ’90 fondava gli Scisma, band dal sound emozionante ed acido, “scissa” troppo in fretta… Adesso Benvegnù, oltre che cantautore, è anche fonico e soprattutto produttore.
Mi permetto di dire la mia a proposito dei suoi testi: pura poetica del cuore, credo abbia preso una brutta botta nella vita, di quelle botte che, dopo essere stato per lungo tempo “qualcuno”, ti porta ad essere “qualcun altro”… E credo questa botta si chiami Amore! Analizza l’amore e riesce ad essere romantico e struggente senza essere banale o sdolcinato, mai… Le sue parole celebrano emozioni note a tutti noi o desiderate da tutti noi, innalzano e purificano la stoltezza dell’amore fino a soffrire, nell’ascolto, di tanto bruciore. Canta la lama ed il cuore, sanguigno e passionale come pochi…
E’ stato lui la mia vera gioia del festival! Ascoltare la sua musica è sempre stato un incanto, ma il suo live è stata per me la concretizzazione della grandezza di un cantautore di cui dovremmo andare fierissimi!
Saliti i dEUS davanti ai nostri occhi felici, inizia la vera atmosfera del festival. Quasi tutti erano lì per loro… Il pubblico è in delirio, raggiante alla loro solo vista. Suoneranno circa 10 brani, ma è all’arrivo di “Suds and Soda” che si alza un boato da stadio. Poi “The Architect”, che verrà eseguita in maniera perfetta; quindi “Bad Timing” e sarò io stavolta ad urlare in preda alla frenesia. “Nothings Really Ends” sarà il momento più poetico del live…
Il nuovo bassista ha carisma, vigore; ma è il cantante a dominare il palco, in gilet ed alcool ben distribuito nelle vene. L’altro chitarrista, l’unico a non sembrare un cow boy, sembra la porzione più pacata e sensibile del gruppo, il più timido sul palco. Ma la sua chitarra emetterà suoni roventi e distorti, affatto timorosi…
Devo però assolutamente concludere dicendovi che tornata in campeggio, nonostante avessi appena finito di esaltarmi sulle note di una delle band più interessanti dello scenario non anglosassone, ho rivissuto, secondo dopo secondo, in silenzio solitario in tenda, lontana dai bagordi che mi circonderanno fino all’alba, le estreme vibrazioni regalatemi da Benvegnù e la sua band e sono crollata, soddisfatta ed appagata, canticchiando: “Tutti i respiri che ho, sono per te…. “
INFO:
www.ypsigrock.it
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