Una famiglia perfetta quella raffigurata nella locandina del film: moglie e figli seduti su un prato, sorridenti. Ozpetek racconta le ultime 24 ore di questo nucleo familiare, una giornata ironicamente perfetta dove tutto va all’opposto di come si spera dovesse andare…a lavoro, con il marito, con i figli.
Il film è tratto dall’omonimo romanzo di Melania Mazzucco ed è la proprio per questo che la pellicola è decisamente distante dalle vicende che il regista, di origini turche, ci ha abituato nei suoi film precedenti. La storia si incentra sul rapporto tra Emma (Elisabetta Ferrari) e Antonio (Valerio Mastrandrea) separati con due bambini, Valentina e Kevin, da contorno le vicende dell’onorevole Fioravanti, del figlio Aris e della nuova compagna Maya. I primi piani di tutti i personaggi si incontrano all’inizio del film; storie che all’apparenza non sono collegate trovano una soluzione, purtroppo non del tutto uniforme, solo alla fine della pellicola.
Il giorno perfetto è “l’implosione” di un padre, la tragica reazione di Antonio all’abbandono della moglie: “Perché io non voglio dimenticare - urla ad Emma -. Non la voglio una vita nuova, l’unica cosa che voglio è tornare con te”. Il gesto crudele e insensato di un uomo uscito fuori di testa dopo che, a causa della sua stessa violenza, viene rifiutato dalla compagna. Implosioni familiari, vicende di cronaca che spesso occupano le prime pagine dei quotidiani e i titoli d’apertura dei telegiornali. Ozpetek si allontana quindi dalle sue storie d’amore impossibile, dal mondo degli omosessuali, per parlare questa volta di “cronaca”, di una separazione fallimentare, della violenza di un marito ipergeloso perché la moglie porta ancora i tacchi e le minigonne.
La storia è decisamente interessante, ma a scene particolarmente drammatiche (l’inquadratura di Emma dopo la violenza che va via umiliata, oppure mentre si guarda allo specchio e cerca di coprire i segni lasciati dall’ex marito, o la passeggiata alla fine del film prima della telefonata che chiude le 24 ore) susseguono episodi oserei dire banali e troppo“cinematografici”, per esempio il rifiuto di Maya alla proposta di Aris, infatuato di lei, oppure la vicenda della professoressa di Valentina e la scontatissima telefonata dell’amante.
Da sottolineare due episodi un po’ grotteschi che fanno rispuntare l’Ozpetek di sempre: in stireria, dove una lavandaia dice all’altra di un’eventuale apertura di un sito internet: “Oramai ce l’hanno tutti” e l’episodio della lettura delle carte, dove Stefania Sandrelli conversa con una sua cliente che si lamenta del suo ragazzo (“Preferisce uscire e andare a ballare con il suo amico camionista di nome Salvatore”). E poi il bambino Kevin e il suo pesciolino, grandioso nel balletto mentre canta la canzone di Irene Grandi “Bruci la città”.
Infine per tutta la durata del film mi sono chiesta dove fosse Serra Yilmaz l’attrice turca onnipresente nei film di Ozpetek. Questa volta interpreta una piccola parte a conclusione del film, fa la gelataia, prepara un cono ad Emma con crema e cioccolato senza panna, prima della fine del suo giorno “perfetto”.