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Recensioni
Album

 
RANCID
Let The Dominoes Fall
Hellcat - 2009

di Giuseppe Ciotta

 

Il compianto Joe Strummer dei Clash li considerava gli unici eredi del suo gruppo.

Tim Armstrong - chitarrista/cantante e deus ex machina dei Rancid - ricambiò il favore, pubblicando con la sua Hellcat Records gli ultimi lavori di Strummer, quelli coi Mescaleros.

Ma questa è storia recente. Quella dei Rancid - invece - risale a 20 anni fa, quando una geniale band di nome Operation Ivy ricordò al mondo che cosa fosse il punk-rock. Dal palco del mitico Gilman, nella progressista Berkeley (East Bay californiana), quei ragazzi spalancarono le porte a una stirpe futura di nuovi gruppi californiani (Green Day, Offspring, NOFX…) che di lì a poco - spentasi la malinconica eco del grunge - avrebbero conquistato le scene. Ebbene, Tim e il fido bassista Matt Freeman erano la mente degli Operation Ivy. Dopo il loro prematuro scioglimento - dovuto all’improvvisa e ingestibile notorietà - Tim e Matt formarono i Rancid, riappropriandosi di ciò che essi stessi avevano lanciato: quello che i media avrebbero presto ribattezzato come new punk.

Da allora, la band (con l’ex UK Subs e icona punk Lars Frederiksen, ad affiancare Tim alla chitarra e voce) ha pubblicato almeno un paio di album epocali (il 2°, Let’s go! del 1994, ma soprattutto il best seller …And Out Come The Wolves, 1995). Ecco, questo nuovo Let The Dominoes Fall (il 7° in studio) suona proprio come il degno seguito del loro capolavoro, visto che dopo il botto i Rancid avevano preferito - coraggiosamente - “esplorare” (si pensi allo ska-reggae del 1998 su Life Won’t Wait o all’hardcore dell’omonimo del 2000).

Efficace l’attacco del nuovo cd: East Bay Night è un perfetto inno punk e This Place ha un groove da tirare giù il soffitto. Si continua col roots-ska di Up To No Good e Liberty & Freedom (con gli Specials dietro l’angolo…) e il reggae-dub acustico di I Ain’t Worried, attraversando - nell’arco di 19 pezzi, con solo un paio di cadute di tono - l’ABC del rock più semplice e diretto.  Non mancano le sorprese: il country di Civilian Ways, il rockabilly di Skull City e l’alternative-rock n’ roll di L.A. River, fino a un pezzo come That’s Just The Way It Is Now, degno di Sandinista!. La chiusa di The Highway (come se Tom Petty suonasse punk) avvalora il giudizio della critica angloamericana: ormai Tim Armstrong può ambire al novero dei songwriter americani più classici, pur rimanendo figlio del suo background. Opinione confermata dal bonus cd acustico, allegato all’edizione deluxe di Let The Dominoes Fall (che contiene anche un interesse dvd col making of dell’album): non i 19 brani con la spina staccata, ma 19 canzoni totalmente riarrangiate e ricantate in versione unplugged, nella veste che avevano al momento della loro composizione, ben prima che Tim le sottoponesse all’arrangiamento elettrico dei Rancid.

Chi già apprezza il genere, non potrà che re-innamorarsi dei Rancid; chi li scoprirà con questo album, difficilmente troverà qualcosa di più fresco e immediato nel punk-rock oggi in circolazione.

 

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