di Giuseppe Ciotta
Primo album per i concittadini Nadiè, dopo il singolo d’esordio “Glicine” su Lancelot Records, etichetta torinese abbandonata a favore dell’autoproduzione. Realizzato presso gli studi Sonoria di Scordia (CT), meta di artisti quali Battiato, Jovanotti, Zucchero, il cd vanta la produzione artistica di Massimo Roccaforte (collaboratore di Carmen Consoli e Max Gazzè).
Inizio affidato a “Cara Rivoluzione”, immancabile nelle scalette dei live: le parole scomode si sposano con musiche dal sapore ninenties. La voce di Giovanni Scuderi è pulita, senza il graffio che la contraddistingue dal vivo. “Franti” parte come uno strano rondò: pianoforte in evidenza e cantilena che disegna un personaggio malinconico, cui miglior nome non si poteva dare. Falsetti e chitarre s’intrecciano nel finale etereo, fino ai contrappunti percussivi di Alfio Musumeci. “Glicine” è riproposta in chiave più personale e con una produzione adeguata, al contrario della versione del 2005: i violini tessono trame barocche, su cui la voce di Giovanni torna a graffiare.
Risulta chiaro come - all’elegante alternative che li aveva contraddistinti - i ragazzi abbiano aggiunto arrangiamenti sinfonici, con l’uso di strumenti “altri” rispetto al classico formato rock: mandolini, clarinetti e archi, suonati da Massimo Roccaforte, Tiziana Cavaleri e Adriano Murania.
“Praga” è il 1° asso. Il cut-up del testo produce un bozzetto vivido ed evocativo, dipingendo una situazione diffusa tra molti giovani negli anni di piombo: esistenze in bilico, stemperate dai dischi e da un demone ancora poco conosciuto, l’eroina. Un pezzo straniante, forse quanto di meglio realizzato finora dai Nadiè.
“Viola” sembra il Battiato più rock. Una sensazione che evapora subito, non appena l’articolato arrangiamento conduce fino al ritornello, riuscito e sofisticato.
Con “Roman Polanski” un altro asso: testo tutto da scoprire e musiche indie/pop/rock, come il gruppo ama definirsi. I Nadiè non sono “…un tratto di matita di cui non rimane il segno…”, ma un solco deciso lungo la strada che porta alla rinascita del rock catanese. “…Il pubblico senza memoria storica…”: altra stilettata dalla penna di Giovanni, che non punta il dito sterilmente, ma ha il coraggio di scrivere testi che invogliano a riflettere - senza pietismi - sui temi sollevati.
“Del Vanto” è pop-rock ricercato, mentre “Valzer del non amore” si spiega già dal titolo: romanticismo nero nelle parole ed elegante nelle musiche. Federico Tutino si riconferma abile chitarrista: esprimere molto con poco - facendo a meno di orpelli e virtuosismi - è prerogativa dei musicisti maturi. Dopo la piacevole leggerezza di “Laurea in Lettere e Filosofia”, con i perfetti suoni di batteria e il bel duetto pianoforte/chitarre, arriva in chiusura la title-track e i Nadiè calano il tris d’assi. “Questo giorno il prossimo anno” è un brano che stupisce, ribadendo i tratti peculiari del cd: il senso della misura e della pulizia - che distingue gli artisti dagli “sboroni” - grazie anche ai missaggi calibrati da Vincenzo Cavalli; i testi mai concilianti, che sfidano l’ascoltatore più smaliziato; la produzione artistica di Massimo Roccaforte, che riesce a fondere - senza che nessuna delle due prenda il sopravvento - le due anime della band: quella rock, legata agli ascolti di sempre dei ragazzi, e quella - più fresca - che si rifà alla canzone d’autore italiana.
E’ l’esordio migliore che la band potesse realizzare.
Per il poker d’assi c’è tempo.
Official Website
My Space
Commenta l'articolo sul GUESTBOOK
TORNA ALL'ELENCO RECENSIONI