di Florinda Ipocoana
Siamo nel mondo incantato dei druidi? No, stiamo ascoltando l’ultimo lavoro dei Midlake, che ci proiettano in un mondo parallelo, senza tempo né spazio, dove è la musica a stabilire l’ordine delle cose…
Il contemporaneo, la modernità, gli eccessi metropolitani e le mode che si susseguono vorticosamente sono lontanissime dalle note e dai testi, qui fin troppo equilibrati, della band texana, che in quest’ultimo terzo album mantiene una coerenza tale da far sembrare le 11 tracce un’unica opera, un unico brano, ben modulato ma compatto e monolitico, come la voce di Tim Smith, morbida ma forse troppo monocorde, risultando al complessivo finale, opera assolutamente gradevole e rasserenante ma troppo uniforme pur se non di certo noiosa.
Siamo lontani dunque dalla molteplice eterogeneità di quel capolavoro che fu “The Trials Of Van Occupanther", loro secondo lavoro, distante 4 anni oramai; ma distanti non siamo dalla classe di una band che ha fatto del folk rock uno stendardo di genuinità e trasparenza musicale… Siamo ancora in “mezzo al lago” e ci restiamo, senza la ricerca sfrenata del nuovo a qualunque costo, immobili ma dolci acque, oramai conosciute ma sempre fresche e refrigeranti.
Nulla di nuovo sotto il sole, quindi, ma la conferma di una band che comunque ha segnato questo nuovo millennio col “suo” stile, affiancata da pochi altri, come Grandaddy o Fleet Foxes, pur se rielaborato da un passato che ha nomi comeCrosby, Stills, Nash & Young, o gruppi comeEagles o Fairport Convention a lastricarne i percorsi musicali…
Dona pace la musica di questi Midlake, una nostalgica serenità che si svela però come accettazione, lontani dai campi di battaglia e dalla fatica di cambiare la realtà.
Dopotutto, il coraggio è degli altri…
Piccola curiosità: l’edizione per il mercato giapponese prevede un’extra track, la delicatissima “Rose Of Down”.
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