di Florinda Ipocoana
Quando mi proposero di ascoltare “Fun That We Have” di un tale Julian Plenti, lasciai andare il file e poco dopo dissi fra me a me: “Interessante! Eppure questa voce… “
Paul Banks, frontman degli Interpol, ha dato un altro nome ed un altro cognome al suo alter ego, per suonare e cantarci quello che l’altro sé, meno stiloso e più intellettuale, barbuto ed occhialuto, vuole dirci. Julian è il suo secondo vero nome che accompagnato a Plenti in realtà fu usato già tanto tempo fa, prima dell’uscita di quel meraviglioso “Turn On The Bright Lights” che ci fece innamorare della sua band. Band che non si è sciolta, grazie al cielo…
Il perché di un progetto da solista a nostro avviso si può trovare solamente nella genialità e generosità dell’artista, capace comunque di produrre ottima musica anche lontano dai suoi illustri colleghi e disposto a mettersi in gioco, da solo, abbandonando per un po’ il piglio new wave. Più che lo stile, infatti, quella che è assolutamente inconfondibile è la sua voce, calda e calma, avvolgente come gli arpeggi della sua chitarra. Come non riconoscere quel soave, netto, corposo suono…
Rispetto al “lavoro di gruppo” è presente nell’intera lettura dell’album una eterogeneità maggiore, una più marcata diversificazione dei tempi e delle partiture. “Only If You Run”, l’opener, e “Game For Play”, che non a caso ci ha convinti al primo ascolto, richiamano marcatamente la scuola “interpoliana”, ma il resto dell’album è tutto da scoprire. Undici tracce che siamo riusciti ad ascoltare senza sosta per più di una volta, di seguito, senza noia o peggio fastidio. Alla sua splendida chitarra, lontano qui l’impareggiabile basso dell’amico, si accostano violoncelli, pianoforte, violino, xilofono, schizzi di elettronica e persino un assolo di tromba…
L’ultima “H” stupisce più di tutto il resto di questo eccentrico lavoro che a nostro avviso è un eccellente lavoro. A tratti orientaleggiante, forse poco convince nell’amalgama, ma la giusta collocazione a chiusura la risarcisce come minimo di essere una sorta di capriccio artistico…
Insomma, Paul Banks sperimenta, sperimenta se stesso, tocca punte folk, abbandona quel sapore spiccatamente da rock star per lasciarsi andare a ballate malinconiche ma comunque virili, a ritmi nuovi a cui i suoi testi spesso romantici, ma mai sdolcinati, si fondono come un ottimo connubio di buon cibo e buon vino, lasciandoci sazi e storditi.
Scala i grattacieli lui, affascinante, versatile, tormentato, nostalgico… Questo è Julian Plenti!
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