di Fabio Milardo
Arriva l´autunno, accompagnato da una impeccabile colonna sonora: "Plan your escape".
I "Girls in Hawaii" nel loro secondo album esprimono tutto ciò che li circonda: Bruxelles, ma sopratutto una casa di campagna nelle foreste delle Ardenne, in cui, con l´ausilio del produttore Jean Lamoot (Noir Désir), è avvenuta la creazione di questo capolavoro, che ha preso forma senza dimenticare il cuore lo-fi del precedente album.
Ebbene si, ci sono voluti quasi due anni per terminarlo, troncando il tour ed eludendo le regole dettate dall´etichetta discografica "62tv Records": minimo un disco l'anno, altrimenti l'oblio, ancor peggio poi se non si ha un hype mediatico. Il tempo gli ha dato ragione: nulla è fuori posto, ogni suono è in perfetta sintonia col resto, con il freddo che arriva con la sua voce flebile. Quando tutto inizia la prima immagine è quella del buio, del rumore del vento e della pioggia, degli spifferi d'aria che entrano da sotto la porta: tutto questo è "This farm will end up in fire", preambolo del disco nonché singolo, anche se forse ci si aspettava "Sun Of The Sons", ma hanno preferito non il pezzo che andasse bene in radio, ma quello idoneo a rappresentare l'intero album, la scelta rende perfettamente l'idea.
“Il "White album" dei Beatles mi ha cambiato la vita" dice Antoine Wielemans, voce e mente della band, "ho capito che l'importante è non avere schemi" ed è per questo che è riuscito nel suo intento: creare qualcosa senza alcun target, ripartendo da zero. Fondamentale per i componenti della band sono stati i Deus, band prediletta sin da quando erano ragazzini, ma tutti i 12 Brani (più la ghost-track) rileggono schegge dei Grandaddy, Belle&Sebastien, Radiohead, strappando un sorriso all´armonia pop, levigata nei minimi particolari.
Nella disperata "Road to luna" un basso degno dei primi Cure e ad ultimare c´è la titletrack: una fine dalla cantilena struggente.
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