di Giancarlo Salafia
Qui casa BLONDE REDHEAD
Cosa si può dire che non sia già stato detto di questa perla di trio che un po’ ci appartiene, viste le origini italiane dei gemellini Pace. Le solite melodie musicali, scarne, semplici ma allo stesso tempo sublimi, una maturità inarrivabile per tanti altri, e la incantevole quanto stravagante voce di Kazu, fanno di MISERY IS A BUTTERFLY, ultima fatica della band italo/nippo/americana, un ennesimo capolavoro. Lo stile inconfondibile, la composizione dei brani sempre più contorta ma allo stesso tempo gradevole e facilmente orecchiabile anche per chi si affaccia per la prima volta ad ascoltare questa formazione. In due parole, una lezione di musica a chi oggi si ostina nel post-rock a voler stupire con suoni, rumori e trame spesso inopportuni.
Misery is a Butterfly sembra una diretta conseguenza del precedente album dei Blonde Redhead, Melody of Certain Damaged Lemons, un album che ha dato una svolta radicale alla band, una svolta che forse ha causato una incomprensibile rottura con la loro etichetta di sempre, la Touch and GO, costringendo la band alla ricerca, per niente faticosa a quanto pare, di un'altra label. Ed ecco il passaggio alla 4AD, sempre attenta da tanto tempo oramai, alla scena musicale più ricercata. Un ottimo passaggio comunque.
Il cambiamento dei Blonde, che personalmente ritengo giusto e doveroso in ogni artista, li ha comunque portati alla notorietà improvvisamente, anche se sempre racchiusi in un circuito ben preciso; premiati come miglior gruppo indipendente dell’anno nel 2000 con i Grandaddy, ed invitati ad aprire tutti i concerti del tour dei Red Hot Chili Peppers.
Come dicevamo, in quest’album non mancano i riferimenti con il precedente lavoro. Grande scelta l’apertura del CD con Elephant Woman, ipnotizzante sweet-song, e primo singolo. Sopra le righe in quest’album Melody e la title track Misery is a Butterfly. Bella anche Messenger con la voce di Amedeo Pace. Momento assolutamente intimo in Magic Mountain (bellissima) che ben risalta le doti di Kazu Makinu. Stupisce sicuramente in quest’album l’utilizzo di tanti suonini (!!!) e rumorini e l’inserimento notevole di tastiere ben curate ad opera di Simone Pace (drum); sarebbe interessante vedere dal vivo l’esecuzione di alcuni brani… speriamo di averli presto dalle nostre parti.
Come ci stupiranno ancora questi ragazzi?
Lunga vita ai BLONDE REDHEAD.
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