di Florinda Ipocoana
Fanno ritorno i Black Heart Procession e tornano con uno splendido sesto lavoro cha ha un numero per titolo, “Six” appunto, come nella tradizione dei primi tre interessantissimi album.
E dopo la pausa più rock di “The Spell” e “Amore Del Tropico” tornano alle loro languide ballate, ritornano alle atmosfere tenebrose e rarefatte che tanto elegantemente sanno regalarci…
Il timbro generale di quest’opera, rimasta sommersa per un anno e germogliata grazie all’etichetta Temporary Residence, si muove suadente in un tessuto di note malate, testi claustrofobici e malinconici, un clima imbronciato ma appassionato che ti ammalia senza lasciarti via di scampo… Il sapore oscuro dei BHP è un veleno che attanaglia la mente, fa vivere visioni gotiche, ti avvolge fra le spire di una suggestione devastante, difficile da descrivere: sei tramortito, ma la vibrazione pur se tormentata è piacevole…
L’intro “When You Finish Me”, cantilenante ed evocativo, ci prepara a tredici tracce che sorprendono per la accattivante capacità di entrarti nell’anima. “Westland”, cadenzata e nera; “Witching Stone”, la nostra preferita, altrettanto scandita, si apre però a toni più ampi con pianoforte e i violini che addolciscono l’asciutta marcia della batteria; “Drugs” struggente e supplichevole; “All My Steps” ricorda i migliori Calexico; “Liar's Ink” notturna e profonda come anche “Suicide”, che rimanda ai dEUS più psichedelici; l’ultima raffinata “Iri Sulu” greve sui tasti di un nostalgico pianoforte e la voce canta come lontana eco, che trasforma la parola in tormento da cuore nero…
Fra paradiso ed inferno, con richiami al Nick Cave romantico, scorrono le armonie equilibrate di questi grandi artisti americani di San Diego, che sanno farci dono di una visione del bruciore dell’animo cruda, netta, tagliente, priva di orpelli e trine…
Un album immenso!
Che riconosciamo già fra i migliori dell’anno in corso.
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