di Giuseppe Magnano
Un capolavoro! Un album vero, sentito, ricco di emozioni di rabbia, ribellione e non rassegnazione ad una realtà, vista dalla band, di pop usa-e-getta, formato da canzoncine banali.
I Six By Seven giungono così al loro terzo album nonostante abbiano perso, nelle more dei concerti, il vecchio chitarrista Sam Hempton. Il sound di questa grande band di Notthingam, con questo album, conferma e, secondo me, amplia ed affina quello creato con i lavori precedenti (The Things We Make – 1998; The Closer You Get – 2000) e, cioè, un sound rovente, feroce ma mai troppo noioso o rumoroso.
L’album è un crescendo di suono, di intensità, che parte con un piano sottile (So Close) e cresce man mano in modo quasi impercettibile, nota su nota fino alla completa saturazione. Non mancano nemmeno le ballate romantiche (All My New Best Friends) oppure le ballate più elettropop (I.O.U. Love), ma l’anima centrale del disco la troviamo nei brani di assoluto sfogo punk, hardcore, rumore, feedback (Flypaper For Freaks – Speed Is In, Speed Is Out - Karen O – Bad Man).
C’è di tutto in questo album: dai Radiohead ai Fall, dai Sex Pistols ai Pixies passando per Fall, My Bloody Valentine e Jesus And Mary Chain. Il disco è appena finito, rischiaccio il tasto "play" e mi chiedo: "quanto tempo devono aspettare ancora i Six By Seven per raccogliere realmente i frutti della loro fatica?".
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