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dedicato a Umberto



Letteratura

 

In pArte Morgan
Marco Morgan Castoldi - Mauro Garofalo

di Giusy Torre

 


Un’ intervista, o piuttosto una conversazione a tre. Il giornalista-reporter-regista-scrittore Mauro Garofalo, simbolicamente, fatica a stare al passo con la pedalata veloce del doppio Marco Morgan Castoldi, «io mi porto da solo, loro sono in due…». Non è solo una visione immaginaria. Marco Castoldi è anche Morgan. La persona, l’uomo, il musicista è anche il personaggio, la rockstar.

I tempi della scrittura asciutta, chiara ma anche complessa per la quantità di contenuto, infatti, si dividono in due momenti che sono quelli dello sdoppiamento: le parole notturne dove la persona racconta il mondo scomponendolo con le proprie mani e gli incontri veloci nei tempi accelerati della media-macchina. Per queste parole notturne la rockstar «ritaglia attimi dal tritacarne televisivo…e - continua Mauro - non mi diverto a stare seduto ad aspettare che torni l’uomo, dopo il compositore e l’artista».
La città di notte, il viaggio, la ritualità dell’incontro preparano lo svelamento di pensieri, riflessioni e ricordi. Un mettere a nudo l’uomo che vive insieme al suo alter ego. Marco Morgan Castoldi ha avuto grandi maestri, conosciuto grandi intellettuali e grandi musicisti. Affronta con profonda leggerezza e ironia le parti più vaste dello scibile musicale e non solo, «come nel Quattrocento, quando la conoscenza era un sapere unitario».

Marco Castoldi in pArte Morgan muove i primi passi nella musica come“prelinguaggio verbale”, come espressione della malinconia che non riesce a tirare fuori altrove. Quindi l’esperienza Bluvertigo, come sede di sperimentazione, di «delirio controllato», della libertà anche nell’errore dell’esecuzione. “Strategia obliqua” per la creazione di un evento unico e irripetibile. Molecola di arte creata in quell’istante...«perchè si procede sempre per errori e per scoperta di errori».

Tutta questa indefinibilità sta nell’immaginarsi e non nel viversi, sta nell’album da “A ad A - teoria delle catastrofi”, punti che rappresentano un “tu” che è anche un “non tu”, spazio di libertà non solo creativa, soprattutto quando la vita è considerata tutta nell’arte. E nell’atto creativo tutto ha origine da questa contraddizione che genera pensiero, dalla crisi, dall’ipotesi come vero momento di conoscenza e messa a fuoco. Alla maniera socratica, per cui“sapere di non sapere”genera un dubbio che è la sola certezza.

Dentro quest’alterità Marco Morgan Castoldi si professa anarchico. Un atteggiamento politico di auto-governo interiore talmente nobile da non avere bisogno della polizia, della tecnocrazia, del regime mediatizzato e disinformato. E la poesia è la conseguente scelta rivoluzionaria, semplice, ma non semplificata, compiuta, anarchia delle piccole cose.

Questa la strategia che permette al personaggio Morgan di non far scomparire totalmente Marco Castoldi dentro il tubo catodico della vanità(to vanish: scomparire). La capacità di sovvertire in maniera imprevedibile la scaletta programmata per non cedere al telecontrollo e riuscire in qualche modo a dare un messaggio, comunicare, condividere, passare musica e parlarne. Fare in sostanza ciò che la persona Marco Castoldi fa nella vita reale.


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