“Il mondo era di mille colori ed io potevo vestirmi come preferivo.”
Chi non mai indossato un abito che non gli apparteneva, chi non ha mai recitato un ruolo che non gli era proprio, chi non ha finto di essere migliore o peggiore per raggiungere uno scopo, chi non si è ritrovato suo malgrado cucito addosso un vestito non suo, alzi la mano. È questo il tema dell’ultimo libro di Francesco Russo, un libro sulle finzioni, sui rapporti umani, sugli errori e sulle scelte.
Si tratta di dieci agili racconti che tratteggiano con periodi asciutti dieci situazioni diverse, eppure unite da un chiaro fil rouge: si va dall’orrenda piaga della pedofilia nella Chiesa alla finzione dei rapporti umani attraverso i social network, dalla ancestrale maldicenza nei confronti di chi sta meglio di noi alla difficoltà di comunicazione con i nostri cari, dal coraggio che bisogna avere per ricominciare la propria vita di coppia o di tornare sui propri passi ed ammettere i propri sbagli, fino ad arrivare all’ultimo catartico racconto, dove il protagonista, non sapendo più che abiti indossare, sceglie di farne del tutto a meno e di mostrarsi come realmente è.
Riferimento musicale: “I Know what I like (in your Wardrobe)” dei Genesis o, se vogliamo volare un po’ più in alto, “I Pagliacci” di Ruggero Leoncavallo.
Francesco Russo, catanese, laureato in Lettere Moderne e giornalista è giunto alla sua seconda opera di narrativa (dopo “la Storia di noi due” del 2006), alle quali si affiancano numerose raccolte poetiche, tra le quali ricordiamo “Percorsi dell’anima” edito nel 2008. Ha raggiunto una grande fama su Facebook grazie al primo romanzo interattivo: “Gli uomini scrivono azzurro le donne in rosa”, scritto a quattro mani con Maria Teresa Cimino.
Non so davvero se la nostra vita sarebbe migliore se ci mostrassimo agli altri nella nostra “nuda” natura , se siamo davvero noi stessi quando siamo solo noi stessi. Credo che gli “abiti” che indossiamo abbiano una funzione positiva, ci aiutino, ci proteggano, ci diano forza, ma tutto sta nello scegliere quello che ci rende migliori, che ci valorizza: tutto sta nell’indossare l’abito giusto per noi.
Ed è qui il dramma, molti si accorgono di avere scelto il vestito sbagliato solo quando è troppo tardi, quando i tessuti sono ormai penetrati nelle loro carni e li hanno cambiati rendendoli quello che non volevano essere: abiti essi stessi, perversi manichini, armature vuote come nel Cavaliere Inesistente di Calvino o come, appunto, alcuni dei protagonisti del libro di Francesco Russo.
Svuotiamo i nostri armadi dai cattivi vestiti, amici miei, svuotiamoli, prima che siano essi a svuotare noi.
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