“Benedetti siano coloro che hanno scelto la sedizione perché loro sarà il regno della terra …”
Caino, il reprobo per antonomasia, il primo omicida, il primo fuggiasco della storia, marchiato per sempre con il marchio dell’infamia, è il protagonista dell’ultimo – ahinoi, davvero l’ultimo - romanzo di Josè Saramago. Umiliato da una divinità capricciosa, crudele, insicura al punto di dover mettere alla prova continuamente le sue creature, Caino si ribella e spinto più dalla frustrazione che dall’invidia uccide il mite fratello Abele, la cui colpa è quella di accettare passivamente le incomprensibili norme divine.
Il dialogo che segue l’omicidio, fra Yehowa e il primogenito di Adamo ed Eva, fra lo scrittore ateo e il dio a cui non crede, costituisce il punto focale del romanzo. Caino ammette il suo delitto ma ne attribuisce la responsabilità a Dio: assassinando il fratello in realtà Caino voleva sopprimere il suo stesso Creatore, un Creatore la cui superbia e la cui mancanza d’amore per le proprie creature, dietro la maschera del libero arbitrio, gli hanno impedito di salvare la vita di Abele, primo di una infinita serie di vittime innocenti. Dio non nega di avere una parte di colpa e farà un patto con Caino: pur scacciandolo dalle porte dell’Eden, lo segnerà in fronte affinché nessuno potrà fargli del male.
Caino fugge in groppa ad un mulo ed intraprende un lungo viaggio pieno di avventure che può essere, a ragione, definito picaresco. Grazie all’artificio dei salti temporali, tanto caro ai telefilm di fantascienza, ripercorre i più conosciuti episodi biblici, permettendo alla corrosiva ironia di Saramago di mettere alla berlina le incongruenze e le assurdità dell’Antico Testamento, fino a giungere ad un finale “a sorpresa”, del tutto paradossale.
Lo stile di Saramago è inconfondibile, l’ironia non maschera il disincanto e un certo cinismo accentuato, forse, dall’incedere inesorabile della sua malattia. Il suo marchio di fabbrica sono i dialoghi, che vengono inseriti nel corso della narrazione senza essere introdotti da virgolette o spazi separatori. A volte questo può generare in un lettore distratto, qualche piccolo equivoco ma la lettura procede comunque fluida dalla prima all’ultima pagina (d’altronde difficilmente un lettore distratto acquista un libro di Saramago … ).
Portoghese, vincitore del premio nobel per la letteratura nel 1998, comunista non pentito, ateo ma soprattutto anti-cattolico, Josè Saramago si è reso protagonista di numerose polemiche. Ultima nel 2009, quella casa editrice Einaudi che, a seguito delle pesanti opinioni su Silvio Berlusconi, riportate nel blog dello scrittore, si è rifiutata di pubblicare i “Quaderni”, suo penultimo lavoro, ed ha sciolto il contratto, permettendogli il ritorno alla Feltrinelli, la sua prima casa editrice in Italia.
La sua morte avvenuta pochi giorni fa al termine di una lunga malattia, ci ha privato di uno degli ultimi scrittori capaci di generare accaniti dibattiti e di mettere in discussione gli aspetti più delicati e intoccabili della società dei consumi.
In un mondo dove è più facile raggiungere il successo scrivendo gialli di grigia pesantezza, romanzi fantasy che si copiano a vicenda con poca ”fantasy”, e banalità intimistico - minimaliste da cui trarre (in)evitabili filmetti sentimentali, uno scrittore “aspro” e con il coraggio di esprimere idee scomode come Saramago mancherà come il pane.
“Il viaggio non finisce mai, solo i viaggiatori finiscono”, scriveva Saramago. Ma lui, come tutti i grandi artisti, non è finito con la morte: da viaggiatore si è solo trasformato in viaggio.
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